Decisamente ambizioso e presuntuoso il taglio
curatoriale, che si prefigge di “materializzare
la condizione digitale e i paradossi che sempre più costituiscono il mondo” con
“il virtuale come il vero, nazioni come marchi, persone come dati, la cultura
come capitale, la felicità come il PIL”. In un presente imprevedibile e
incomprensibile forgiato da una persistente serie di finzioni in cui investire
nella finzione è più vantaggioso che scommettere sulla realtà, è tuttavia
necessario cominciare a costruire un presente alternativo, riconfigurare
narrazioni e decifrare significati dal flusso continuo.
Per quanto
riguarda le istituzioni museali, dal 2 luglio al 6 novembre l’Hamburger Bahnhofha presentato Das Kapital, una mostra
concepita a partire dal monumentale lavoro di Joseph Beuys Das Kapital Raum 1970 – 1977 realizzato per la Biennale di Venezia del 1980
che rappresenta la sintesi della sua
attività artistica di quegli anni in cui sviluppa una definizione di capitale
liberato dal suo rapporto con il denaro, mettendo il potenziale creativo degli
esseri umani al centro del pensiero economico: Art = Capitale.
Capitale. Debito, territorio, utopia cerca di cogliere il cambiamento di paradigma di Beuys e esplorare il suo
concetto di capitale, giustapponendo opere d'arte contemporanea con opere
provenienti dalle collezioni e storiche dei musei berlinesi. Utilizzando opere
d'arte, musica, film e oggetti provenienti da tutto il mondo la mostra ripercorre
il concetto di valore e si interroga su ciò che è stato, e, soprattutto, che
cosa potrebbe essere il capitale.