MASSIMO
MELOTTI (1950-2021)
È vero, non
era facile scalfire la lastra di vetro dietro a cui si riparava, anche dopo
quasi trent’anni di conoscenza, anche se quel vetro probabilmente lo avevo
incrinato fin dal primo non facile incontro, nel 1992 in occasione di Post Human.
Ne ebbi la certezza quando scoprii di essere citato nel suo libro: Vicende
dell'arte in Italia dal dopoguerra agli anni Duemila. Artisti, gallerie,
mercato, collezionisti, musei. Fu allora che appresi che era anche un
sociologo, come me, e che non aveva neppure due anni più di me: eravamo quasi coetanei
ma lo sentivo molto più autorevole, anche se non penso lo volesse far apparire.
E come non
ricordare quella volta che attraverso i passaggi segreti del Castello ci portò direttamente
dal suo ufficio nella mostra all’ultimo piano, sparendo subito dietro alla
porticina, mentre l’allibito custode si chiedeva come ci fossimo materializzati
in una sala un attimo prima vuota.
Meno di due
anni fa l’ultimo incontro – a Torino alle OGR – e
sembrò un po’infastidito quando gli feci notare che ormai eravamo ufficialmente due
pensionati, perché pensionato certo non si sentiva. E d'altronde neppure io.
Ciao Massimo.
[gb]