Freespace,
ossia l’attenzione che l’architettura colloca sulla qualità stessa dello
spazio, il titolo prescelto dalle curatrici Yvonne Farrell e Shelley McNamara. Era
da tempo che non incontravamo una unanimità di giudizio, ovviamente
estremamente positiva, sulla riuscita
di una Biennale, si trattasse di arte o di architettura.
Sobrietà,
spazi misurati, proposte interessanti confermano gli intenti delle curatrici di
presentare «opere che esemplificano le qualità essenziali dell’architettura: la
modulazione, la ricchezza e la materialità delle superfici, l’orchestrazione e
la disposizione in sequenza del movimento, rivelando così le potenzialità e la
bellezza insite nell’architettura».
La questione
dello spazio, della qualità dello spazio, dello spazio libero e gratuito è
affrontata nella mostra articolata tra il Padiglione Centrale ai Giardini e
l’Arsenale, in cui si dibatte anche del recupero di edifici storici e
dell’importanza dell’insegnamento.
A
partire dal manifesto Freespace che «si focalizza sulla
capacità dell’architettura di […] rivolgersi ai desideri inespressi
dell’estraneo» e «dà l’opportunità di enfatizzare i doni gratuiti della natura
come quello della luce – la luce del sole, quella lunare, l’aria, la forza di
gravità, i materiali – le risorse naturali e artificiali» le curatrici invitano «a riesaminare il nostro modo di
pensare, stimolando nuovi modi di vedere il mondo e di inventare soluzioni in
cui l’architettura provvede al benessere e alla dignità di ogni abitante di
questo fragile pianeta.» a partire dalla consapevolezza dell'ubicazione
eccezionale della Biennale nella città di Venezia e dalla volontà i creare un
legame fra la Mostra e questa città unica: «Non direttamente, ma nel senso di
una più acuta consapevolezza. In altre parole, il nostro approccio prevede che
il contesto e l'aria di Venezia siano presenti nell'atmosfera della Mostra».
Uno degli interventi più affascinanti è This is not a shirt. This is a playground realizzato in Bangladesh
dallo Studio
Anna Heringer, che afferma che «l’architettura è uno strumento che migliora la vita» e permette di creare comunità, rafforzare l’autostima,
salvaguardare la bellezza e l’identità culturale: tutte voci strettamente
legate alla dignità. A partire dalle professionalità che si possono reperire
sul territorio - fango, bambù e persone - ci offre uno straordinario repertorio di tessuti, sostenendo le comunità locali e aiutandoci a guardare il mondo con occhi diversi.
Il Padiglione
Italiano - Arcipelago Italia - curato da Mario Cucinella si poneva l’obiettivo di è «trasmettere
l’anima di quei territori lontani dall’immaginario delle metropoli, detentori
di un patrimonio culturale inestimabile, che pongono l’Italia in discontinuità
rispetto all’armatura urbana europea» attraverso otto itinerari «lungo i quali
scoprire i possibili nessi di continuità tra una selezione di architettura
contemporanea, i borghi storici, i cammini e altre rilevanti iniziative». Il
percorso si snoda lungo le alpi e gli appennini per concludersi in Sardegna con
la Orani di Costantino Nivola.
Il Giappone
propone un percorso di etnografia
architettonica come nuova metodologia di impegno nei confronti della
società. La mostra vuole evidenziare il ruolo del disegno architettonico – «lo
strumento tradizionale per concettualizzare, organizzare e costruire lo spazio»
– che «costituisce anche uno strumento ideale per documentare, discutere e
valutare l’architettura» e il «processo di modernizzazione che ha investito il
Paese nel ventesimo secolo [e] ha trasformato profondamente la società
giapponese» in un’ottica etnografica.
Semplice e rigoroso il padiglione svizzero Svizzera 240. House Tour ricostruisce
degli interni totalmente disadorni dove si alternano situazioni realizzate con
differente scala, dal troppo grande al troppo piccolo, creando un percorso
spiazzante e al contempo fruibile da tutti. Per noi il padiglione più bello,
come poi confermato dai premi ufficiali…
Di grande interesse il padiglione portoghese Public Without Rehtoric: le dodici opere scelte, costruite negli ultimi dieci anni, permettono di tracciare una breve storia delle più recenti opere pubbliche di autori portoghesi.
Il progetto per
il padiglione della Santa Sede deriva dalla “cappella nel bosco” costruita nel
1920 da Gunnar Asplund nel Cimitero di Stoccolma: dieci architetti (Andrew
Berman, Francesco Cellini, Javier Corvalan, Eva Prats e Ricardo Flores, Norman
Foster, Teronobu Fujimori, Sean Godsell, Carla Juacaba, Smiljan Radic, Eduardo
Souto de Moura, Francesco Magnani e Traudy Pelzel) sono stati invitati a costruire altrettante cappelle,
riunite nell’ambiente naturale dell’isola di San Giorgio Maggiore.
E come sempre un contributo particolare viene dal
padiglione della Catalogna – nella consueta sede dei Cantieri Navali di
Calle Quintavalle. Rcr Arquitectes, i vincitori del Premio
Pritzker 2017, hanno creato uno spazio fisico per ricercare e
ripensare il rapporto dell'uomo con il mondo. «Un'idea che nasce nella
tenuta La Vila in
Valle Bianya (Girona), Si tratta di un sogno architettonico che
diventa allestimento, Un'esperienza
sensoriale per i visitatori un percorso non lineare, in quanto evoca la
sensazione di essere “dentro
una grotta di luci e di movimenti liquidi, uno spazio immateriale che permette
a ogni persona di costruire la propria esperienza unica, proprio come in un
sogno».
Come sempre alcune recensioni che ci sono piaciute:
[giovanni bai + carolina gozzini]
https://mt-nz.blogspot.com/2018/11/mtnz-1118-venezia.html
MTNZ # 11_19 [2018] VENEZIA
Alla Fondazione Prada la mostra “Machines à penser”, a cura di Dieter Roelstraete,
esplora la correlazione tra le condizioni di esilio, fuga e ritiro e i luoghi
fisici o mentali che favoriscono la riflessione, il pensiero e la produzione
intellettuale, focalizzandosi su
tre fondamentali figure della filosofia del XX secolo: Theodor W. Adorno (1903
-1969), Martin Heidegger (1889 – 1976) e Ludwig Wittgenstein (1889
-1951).
In
mostra lavori di artisti come Susan Philipsz, Ewan Telford, Patrick Lakey e
Giulio Paolini, Sophie Nys, Iñigo Manglano-Ovalle, Paolo Chiasera e Gerhard
Richter; Anselm Kiefer ha realizzato una scultura in dialogo con il cineasta e
scrittore Alexander Kluge, mentre Goshka Macuga ha progettato nuovi lavori che
raffigurano le teste dei tre filosofi. È esposta l’unica scultura realizzata da
Wittgenstein.
Alla Fondazione Vedova i progetti di Renzo
Piano Building Workshop: RENZO PIANO. PROGETTI D'ACQUA. MESSA IN
SCENA DI STUDIO AZZURRO.http://www.fondazionevedova.org/node/418
Sedici progetti di Renzo Piano, da lui stesso
selezionati, raccontano altrettante architetture accomunate dal rapporto con
l'elemento acqua. Grazie al lavoro di "messa in scena",
progettato e realizzato da Studio Azzurro, il visitatore ha la possibilità di
immergersi in un ambiente visivo e sonoro, un vero e proprio viaggio nelle architetture
di Renzo Piano.
Il Caffè Florian presenta il progetto (IN)Complete - architetto e designer, AldoCibic,
https://www.caffeflorian.com/it/eventi/eventi-venezia/archivio-eventi-venezia/incomplete.html
(Progetto sinceramente presuntuoso e deludente). Preferiamo non esprimerci
sulla ancor più deludente mostra di Palazzo Grassi, e ci affidiamo alla
recensione de Il Manifesto:
https://ilmanifesto.it/oehlen-il-gioco-stralunato-del-contraddirsi/