Le Muse Inquiete. Biennale di Venezia di fronte alla storia
Padiglione centrale, Giardini della biennale 29.08 – 08.12.2020
La Biennale di Venezia, nella ricorrenza dei 125 anni dalla sua fondazione, presenta la mostra Le muse inquiete. La Biennale di Venezia di fronte alla storia, che si terrà al Padiglione Centrale dei Giardini della Biennale da sabato 29 agosto fino a martedì 8 dicembre 2020, realizzata dall’Archivio storico della Biennale – ASAC.
NOTA: la mostra è chiusa dal 5 novembre 2020 in ottemperanza alle disposizioni previste dal DPCM del 4 novembre 2020.
La mostra è curata per la prima volta da tutti i direttori dei sei settori artistici che hanno lavorato insieme per ripercorrere, attraverso le fonti uniche dell’Archivio della Biennale e di altri archivi nazionali e internazionali, quei momenti in cui La Biennale e la storia del Novecento si sono intrecciate a Venezia.
Cecilia Alemani (Arte), Alberto Barbera (Cinema), Marie Chouinard (Danza), Ivan Fedele (Musica), Antonio Latella (Teatro), Hashim Sarkis (Architettura) hanno attinto non solo ai materiali dell’Archivio storico della Biennale e dell’Istituto Luce-Cinecittà e Rai Teche, ma anche ai documenti degli archivi della Galleria Nazionale Arte Moderna di Roma, Fondazione Modena Arti Visive, Archivio Ugo Mulas, Aamod-Fondazione archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, Archivio Cameraphoto Arte Venezia, IVESER Istituto Veneziano per la Storia della Resistenza e della società contemporanea, Peggy Guggenheim Collection, Fondazione Ugo e Olga Levi, Centro Sperimentale di Cinematografia Roma, Tate Modern London.
I direttori hanno selezionato per questa mostra testimonianze, filmati rari e opere e costruito percorsi di ricerca che si soffermano su quei momenti in cui il passato dell’Istituzione veneziana si è intersecato agli eventi della storia globale, manifestando e generando fratture istituzionali, crisi politiche ed etiche, ma anche nuovi idiomi creativi. La mostra si articola nelle sale del Padiglione Centrale in un itinerario che attraversa le sei discipline: dagli Anni del Fascismo (1928-1945) alla guerra fredda e ai nuovi ordini mondiali (1948-1964), dal ’68 alle biennali di Carlo Ripa di Meana (1974-78), dal Postmoderno alla prima Biennale di Architettura fino agli anni ’90 e l’inizio della Globalizzazione. Negli anni novanta, dopo il crollo dei grandi blocchi della Guerra Fredda, La Biennale ha adottato nuovi linguaggi artistici che hanno segnato un’espansione dei confini globali, aprendosi a nuove influenze geopolitiche. Decennio dopo decennio, la Biennale ha anche registrato le metamorfosi del gusto e del comune senso del pudore, tra scandali, censure e nuove cartografie del desiderio.
Le sale: Anni del Fascismo 1928-1945. Segretario Generale Antonio Maraini: La Biennale come Ente autonomo. Apertura internazionale (mostre estere, nuovi padiglioni nazionali come USA. Fascistizzazione della mostra. Focus sui Futuristi 1926-1942. Le Biennali della guerra (1940-1942) e l’uso dei padiglioni nazionali in quegli anni. Mostra del cinema usata per propaganda fascista con premi a Olympia, di Leni Riefensthal. Visite dei gerarchi nazisti. Musicisti “degenerati” (Krenek, Hindemith, Stravinskij, Bartók) si esibiscono a Venezia fino al 1938. 1934 Il mercante di Venezia di Max Reinhardt 1934 Una Favola di Andersen di Jia Ruskaja
La guerra fredda – i nuovi ordini mondiali 1948-1964 Focus Biennale arti visive 1948 – La Biennale della ricostruzione (Picasso, il Fronte Nuovo delle Arti, Mostra Impressionismo, Peggy Guggenheim) Mostra del Cinema: “i non premi” a Luchino Visconti. Musicisti russi: Dmitrij Šostakovič, La Lady Macbeth del distretto di Mcensk, e SergejProkof’ev, L’angelo di fuoco. Bertolt Brecht, Madre coraggio e i suoi figli, annullato due volte, nel 1951 e nel 1961. Il Mandarino meraviglioso (1955) e New York City Ballet (1956) Robert Rauschenberg vince il premio nel 1964
Il 68 La contestazione degli studenti all’apertura della mostra e la contestazione degli artisti per la militarizzazione dell’inaugurazione. La contestazione del festival e il controfestival in Campo Santa Margherita nel 1972. Focus danza e corpo: Merce Cunningham, Alvin Ailey, Alwin Nikolais
Le Biennali di Carlo Ripa di Meana 1974-78 Cambia lo statuto, cambia la struttura: un programma interdisciplinare diffuso in città. Grandi esperti curano sezioni: Vittorio Gregotti, Luca Ronconi, Germano Celant, Harald Szeemann. 1974 Libertà al Cile – Libertad para Chile 1975 Un Laboratorio internazionale: The Living Theater, Grotowsky, Meredith Monk, Accademia internazionale di danza e gli Incontri Internazionali della danza. 1975 A proposito del Molino Stucky. 1976 Ambiente/arte di Germano Celant 1977 Dissenso culturale in Unione Sovietica e nei paesi dell’Europa orientale. Sofija Gubajdulina. Il Postmoderno e la prima Biennale di Architettura. Strada Novissima all’Arsenale di Paolo Portoghesi. Teatro del Mondo di Aldo Rossi. Aperto 80, curato da Achille Bonito Oliva e Harald Szeemann.
Anni 90 e inizio globalizzazione. Focus su padiglioni nazionali 1993: Hans Haacke, Richard Hamilton, Kabakov. 1997 Biennale di Germano Celant focus Marina Abramovic 1999 Biennale di Harald Szeemann dAPERTutto e nascita del settore Danza con Carolyn Carlson.
In occasione della mostra Le muse inquiete. La Biennale di Venezia di fronte alla storia (Padiglione Centrale dei Giardini dal 29 agosto all’8 dicembre) il Cda della Biennale di Venezia ha deciso di attribuire a Maurizio Calvesi, Germano Celant, Okwui Enwezor e Vittorio Gregotti i Leoni d’Oro Speciali 2020. Il riconoscimento sarà attribuito ai quattro ex direttori artistici del settore arti visive della Biennale di Venezia, scomparsi recentemente, ognuno a suo modo testimone di momenti particolarmente significativi per la storia delle grandi mostre e della Biennale. A proposito di questi riconoscimenti, il Presidente della Biennale di Venezia Roberto Cicutto ha dichiarato: “La riconoscibilità internazionale della Biennale si deve anche al lavoro e all’originalità dei suoi direttori artistici, che hanno segnato alcuni tra i cambiamenti più significativi della cultura contemporanea. La Biennale è stata il laboratorio dove Calvesi, Celant, Enwezor e Gregotti hanno espresso un pensiero critico originale e visionario che ha saputo guardare al futuro, spesso anticipandolo. Le muse inquiete li vede protagonisti di una mostra sulla storia dell’Istituzione, che segna la partenza di un dialogo permanente fra le arti contemporanee nello spirito di una ricerca comune.”