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MTNZ # 15.8.9 LA SINDROME DI STENDHAL

  MUSEO TEO NET ZINE: MTNZ # 15.8 LONDON


                                                   LA SINDROME DI STENDHAL




  Alla National Portrait Gallery ero andato per Six Lives la mostra dedicata alle sei mogli di Enrico Ottavo: due divorziate, due decapitate, una morta di morte naturale, una sopravvissuta… Più per PR che per reale interesse e perché comunque è un luogo da rivedere. Bella mostra, ovvio, con i ritratti ispirati a Holbein e quelli fotografici di Sugimoto, che le modelle non poteva trovarle se non al Madame Tussauds. E poi è accanto alla National Gallery, che è lì di fianco. Anzi, il contrario. Tanti i motivi per andarci, ma soprattutto ci si deve andare per Paolo Uccello, per la terza scena della Battaglia di San Romano, che forse è quella che più mi piace e che ho visto più spesso, senza gli sbattimenti del Louvre e ancor più degli Uffizi. L’impressione è che abbiano cambiato la collocazione e l’ambientazione dall’ultima volta, con spazi così ampi che la Sindrome di Stendhal mi coglie subitanea. Non pensavo neppure all’altra tappa obbligatoria, che gli Arnolfini mi appaiono quasi per caso, gli Arnolfini che ormai collego in automatico a Nicoletta e Mario, che, in fondo, avrebbero anche potuto venire… come, quasi pentendosi, in seguito mi diranno. “Autore moderno”, Paolo Uccello, mi conferma Nadia: quattro secoli avanti ribadisco io, accostandolo allo studio del Déjeuner sur l’herbe alla Courtauld, l’altra tappa obbligata. Certo la Tate Modern non la cito nemmeno, tanto è ovvia. Alla Courtauld le opere esposte sono pochissime e a rotazione, come al Nezu di Tokyo: è così che si dovrebbe fare. Io non ce la faccio più a vedere tutto, capisco quindi il grande pubblico, anche se non riuscirò mai a capire come abbiano fatto i miei studenti a percorrere tutta la Gare d’Orsay in venti minuti. Record mondiale.                                           La barista delle Folies Bergère è lì che mi aspetta, per fortuna, e la Sindrome si fa nuovamente viva.


Ma stavo parlando della National Portrait, anche qui giro un po’ a caso, incontro i ritratti di Zadie Smith e Amy Winehouse e vabbè facciamo un giro veloce anche al Portrait Award 2024. Pitturaccia per lo più, ma mi attira un ritratto iperrealista di un giovane di Frosinone, olio su alluminio che lo rende simile a una fotografia, che mi ricorda tantissimo Agnese. Sì sembra proprio Agnese e il titolo è proprio Agnese, ritratto della ballerina che ha accettato la sua alopecia, come la mia Agnese, che risponde: “Sbalordita”. È così. Lo sbalordimento è sempre in agguato, e siamo tutti Stendhal.