COMMON GROUND
(a cura di Giovanni Bai e Carolina Gozzini)
(a cura di Giovanni Bai e Carolina Gozzini)
La 13° edizione della Mostra Internazionale
d’Architettura della Biennale di Venezia, curata dall’architetto inglese David
Chipperfield, ha come titolo Common Ground: «Il tema centrale di questa Biennale 2012 – spiega il Direttore – è ciò che abbiamo in comune. L’ambizione di Common Ground è soprattutto quella di riaffermare l’esistenza di una cultura architettonica costituita non solo da singoli talenti, ma anche da un ricco patrimonio di idee differenti. Siamo partiti dal desiderio di enfatizzare idee condivise al di là della creazione individuale: questo ci imponeva di attivare dialoghi piuttosto che selezionare singoli partecipanti».
La mostra si snoda tra l'Arsenale e i giardini con numerosi padiglioni nazionali - alcuni decisamente interessanti - come sempre sparsi nella città: delle mostre collaterali o comunque aperte in città abbiamo parlato in un altro articolo.
Norman Foster + Charles Sandison
Il segno di una Biennale è dato - a nostro avviso - dalle installazioni che aprono sia l'Arsenale che il Padiglione Centrale ai Giardini. Alle corderie la installazione di Norman Foster realizzata con la collaborazione di Charles Sandison - che ci regala una delle sue classiche videoinstallazioni liquide - ci aveva fatto sperare di più. Interessanti, ma non di più, le presenze di Zaha Hadid, Herzog & de Meuron, Sejima+Nishizawa SANAA, Hans Kollhoff; molto meglio le installazioni di Cino Zucchi e Valerio Olgiati.
Herzog & de Meuron
Cino Zucchi
Valerio Olgiati
L'installazione di Justin McGuirk + Urban Think Tank dedicata alla Torre David e al ristorante Gran Horizonte di Caracas è stata premiata con il Leone d'Oro: una ricerca sugli insediamenti informali e sullo squat più alto del mondo.
All'Arsenale si trova anche il Padiglione italiano con la mostra Le quattro stagioni del made in Italy da Adriano Olivetti alla Green Economy.
Complesso
di costruzioni Olivetti lungo Via Jervis a Ivrea
Architetti Luigi Figini, Gino Pollini
Architetti Luigi Figini, Gino Pollini
Courtesy
Francesco Mattuzzi e Fondazione Adriano Olivetti
Il padiglione centrale ai giardini si apre con la sala dedicata a Grafton Architects, premiati con il Leone d'Argento.
Anche qui non vi sono grandi sorprese: interessante l'installazione 40.000 Hours dedicata alle Scuole di Architettura e quelle di Fischli & Weiss e di Olafur Eliasson
Fischli & Weiss
Olafur Eliasson
Tra i padiglioni ricordiamo quello Giapponese - premiato con il Leone d'Oro come miglior partecipazione nazionale. Il commissario Toyo Ito ha coinvolto tre giovani architetti
Kumiko Inui, Akihisa Irata, Sou Fujimoto nel progetto collettivo Architecture possible here? Home-for-All relativo alla cittadina di Rikuzentakata, che ha come principale obiettivo quello di dimostrare che sia ancora possibile abitare nei territori devastati dal terremoto e dalla conseguente ondata marina.
Kumiko Inui, Akihisa Irata, Sou Fujimoto nel progetto collettivo Architecture possible here? Home-for-All relativo alla cittadina di Rikuzentakata, che ha come principale obiettivo quello di dimostrare che sia ancora possibile abitare nei territori devastati dal terremoto e dalla conseguente ondata marina.
Il padiglione di Israele presenta nella mostra Aircraft Carrier i cambiamenti nell’architettura israeliana a partire dal 1973, e dell’influenza americana che li ha resi possibili. Il padiglione è diviso nel luogo della mostra e in un “negozio”, disposti in due distinti piani del palazzo: al piano terra,si possono acquistare uno o più tra una trentina di prodotti “merchandise” che il designer industriale Tal Erez ha creato esclusivamente peril progetto. Ciascuno di questi prodotti rappresenta un momento chiave nella storia delle relazioni israelo-americane.
Fernando Guerra, Tel Aviv
Photo: Florian Holzherr
Il padiglione i-city della Russia è sicuramente il più spettacolare, grazie al dispendio di tecnologie utilizzate per mostrare i progetti della Innovation Citty.
E infine ricordiamo le parteciazioni di Austria, Romania, Polonia e Grecia.
Austria
Grecia RomaniaPer quanto riguarda i padiglioni nazionali collocati all'esterno degli spazi della Biennale, ci piace segnalare quello del Messico, nella chiesa di San Lorenzo, con la mostra Cultura in costruzione, che riunisce le proposte più recenti del patrimonio architettonico messicano: piani di centri culturali, biblioteche, musei, gallerie, cineteche, piazze, parchi e spazi per la cultura in generale.
Con il restauro della Chiesa di San Lorenzo - destinata ad ed essere la sede messicana delle Biennali per i prossimi nove anni - il Messico si impegna a dare visibilità alle migliori proposte creative del Paese e a contribuire al recupero del patrimonio edilizio veneziano.
Frida Escobedo Taller, La Tallera Siqueiros. Photo: Rafael Gamo
Il padiglione del Lussemburgo, in una corte affacciata sul canal Grande, presenta il progetto Post-City come piattaforma di discussione, fondata sul presupposto che l'architettura è il prodotto della conoscenza collettiva, che a sua volta è il prodotto di una molteplicità di contributi.
Luxembourg. Post-City
Anche se non si tratta di un vero e proprio padiglione nazionale, la Catalogna e le Isole Baleari hanno presentato il lavoro degli architetti di queste regioni nella mostra Vogadors
a San Pietro di Castello.
Il padiglione dell'Angola - che partecipa per la prima volta alla Biennale Architettura - sull'isola di san Giorgio Maggiore affronta il problema della trasformazione del territorio urbano che caratterizza tutta l'Africa, quello delle metropoli senza urbanità. La proposta di Beyond Entropy è di piantumare gli interstizi tra gli edifici suburbani di Luanda con una canna comune: uno spazio comunmune che permette di filtrare l'acqua e produrre energia dalle biomasse.
Angola - Beyond Entropy