Quattro
mostre in altrettanti spazi espositivi (Cà Pesaro, Cà Corner della Regina,
Palazzo Grassi, Palazzo Fortuny) caratterizzano un percorso espositivo
parallelo solo temporalmente alla Biennale Architettura.
A Ca' Pesaro si confrontano le opere di Enrico Castellani e Gunther Uecker, che presentano una selezione di lavori storici tra i più rappresentativi
della loro produzione: due modelli di un’arte sistematica,
concettuale e anche sensoriale.
Palazzo Grassi presenta il suo primo progetto
espositivo interamente dedicato alla forma di espressione artistica
dell’immagine in movimento La voce delle immagini, in
contemporanea con la 69ma Mostra Internazionale d’Arte cinematografica. Trenta opere di ventisette artisti (tra cui
Viola, Nauman, Neshat, Grimonprez, Yang Fudong, Wallinger, Fischli & Weiss)
della Collezione Pinault che mostrano la duttilità di questo medium attraverso la varietà dei
supporti tecnologici e dei dispositivi di proiezione, la diversità dei modi di rappresentare il tempo (dalla linea
narrativa al loop), l’importanza degli incroci e delle sovrapposizioni con
altre forme di espressione artistica (il suono, l’azione, la danza), ma anche
con il documentario o le scienze sociali.
La Fondazione Prada nella sede di Ca’ Corner della Regina presenta la mostra
The Small Utopia. Ars Multiplicata a
cura di Germano Celant.
Il titolo della mostra fa riferimento al sogno, trasmesso dalle
avanguardie storiche agli artisti di oggi, di arrivare alla diffusione
democratica dell’arte, praticando una moltiplicazione dell’oggetto d’arte per
favorire una sua diversa fruizione estetica e sociale.
Oltre seicento lavori, multipli ed edizioni, illustrano la
trasformazione dell’idea dell’unicità nell’arte e la sua percezione, non solo
attraverso la moltiplicazione degli oggetti, ma anche nei diversi linguaggi:
dai libri d’artista, alle riviste, al cinema sperimentale, alla radio.
La mostra è stata
accompagnata da una serie di eventi, denominati Some little Fluxus Events and Fluxus Concerts, a cura di
Gianni-Emilio Simonetti.
Palazzo Fortuny ospita quattro mostre di altrettanti artisti contemporanei: Franco Vimercati, Annamaria Zanella, Maurizio Donzelli, Béatrice Helg.
Nessuna affinità tra di loro, ma il meraviglioso ed eclettico spazio
permette questa commistione. In molti casi è lo spazio stesso a caricare
di significato i lavori esposti, come ben spiega il testo che presenta
la mostra: «Ogni
spazio assume, all’interno del Palazzo, una propria specifica identità, che ne
esalta linguaggi e tecniche espressive tra loro diversissime: è nella medesima
tensione artistica che si crea il legame fra gli autori, l'architettura e le
ineguagliabili atmosfere della casa-atelier di Mariano Fortuny, con le sue eclettiche creazioni, le collezioni, i tessuti e i dipinti.
Una proposta ancora una volta unica per un luogo unico».
È la mostra di Franco Vimercati Tutte le
cose emergono dal nulla che ci
interessa: sono qui riuniti tutti i lavori dell’artista, anche quelli meno conosciuti, Apparentemente banali
i soggetti, oggetti quotidiani neppure caratterizzati da una specifica qualità
estetica, ma è questo a evitarne la banalità. La moltiplicazione dell’oggetto
tramite fotografie a volte solo impercettibilmente diverse lo rende in tutta la
sua unicità e, nel contempo, esalta la capacità espressiva del mezzo
fotografico.
Il testo Io sono la lastra
di Elio Grazioli – che ha curato la mostra – ci guida alla comprensione
della ricerca di Vimercati, che ruota attorno a «un soggetto fermo, per lo più
al centro dell’inquadratura, nessuna enfasi, nessun evento, anzi la ricerca
stessa della discrezione, quasi dell’inespressione, per far sparire l’io dietro
un puro sguardo». Il medium è la fotografia, ma «Bisogna che il soggetto
dell’immagine interroghi l’immagine stessa e il medium fotografico. Niente deve
distrarre e niente deve essere aggiunto: l’oggetto deve parlare da solo, è la
fotografia a farlo parlare tanto quanto esso fa parlare la fotografia».
L’oggetto, come la
zuppiera, è banale e quotidiano, addirittura anacronistico: «È evidente
che se l’oggetto è sempre lo stesso, quello che cambia è il resto, cioè il modo
di riprenderlo, cioè la fotografia. In estrema sintesi potremmo dire che
l’oggetto sempre uguale ci fa vedere la fotografia, il medium. Così ad essere
potenzialmente infinita non è più la serie degli oggetti ma quella delle
possibilità della fotografia sempre differente» mentre la concentrazione sull’oggetto
diviene «esercizio del pensiero, o del rapporto tra pieno e vuoto mentale (…),
ma anche sulla materia e sulla luce, sull’immagine e sul tempo».
Sull'isola di San Giorgio, infine, presso la Fondazione Cini, è allestita la mostra
Carlo Scarpa. Venini 1932-1947 nel quadro del progetto Le stanze del vetro.